Con vivo piacere, porto il mio personale saluto e quello dell’Istituzione che rappresento, il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, a questa III Conferenza regionale dei molisani nel mondo.
Sono sicuro che la Conferenza toccherà il vasto ventaglio dei problemi dell’emigrazione, ricollegandoli con un’ampia apertura alle questioni della comunità molisana che vive fuori dei confini regionali, ma che condivide comuni radici di valori e di identità. Una traccia che, ne sono convinto, animerà i lavori di questa Conferenza, nello sforzo di valorizzare il patrimonio culturale racchiuso nella storia dei molisani emigrati, che non hanno dimenticato le proprie radici e contribuiscono da generazioni alla diffusione del nostro patrimonio di civiltà, di sacrificio e dedizione lavoro, che sono tipicamente molisani.
Indubbiamente, pur con evidenti connotazioni e riferimenti alle realtà regionali, molte questioni toccate sono comuni a tutte le comunità italiane all’estero e costituiscono il terreno operativo specifico del CGIE.
Stiamo vivendo un momento importante che vede per la terza volta le nostre collettività impegnate in ogni parte del mondo partecipare al processo politico e decisionale che concerne la vita democratica del nostro Paese. All’estero, le operazioni di voto sul referendum per la procreazione medicalmente assistita si chiuderanno domani 9 giugno per consentire, come disposto dalla legge 459 del 2001, il trasferimento delle buste elettorali in Italia e il loro scrutinio in parallelo con quello nazionale. I temi, come è stato rimarcato molto spesso in queste settimane, sono estremamente delicati ed anche all’estero abbiamo promosso numerosi momenti d’incontro e assemblee per favorire l’informazione sulla legge 40 e sugli obiettivi del referendum. Questo terzo atto dell’esercizio del voto all’estero è sotto osservazione per le note implicazioni sul quorum e non sono mancati gli appelli alla partecipazione da parte delle forze politiche promotrici del referendum e all’astensione da parte delle forze politiche contrarie.
Il Consiglio Generale ha invitato gli italiani residenti all’estero a partecipare al voto, sapendo che questo test elettorale è un’opportunità irripetibile per verificare ancora una volta i passi avanti che sono stati compiuti per la bonifica e l’ampliamento del registro anagrafico unico degli elettori italiani residenti all’estero. Un tema caldo, che come noto ha provocato discussioni accese e un intervento di grande fermezza da parte del Capo dello Stato. L’anagrafe degli italiani all’estero chiama in causa i comuni italiani per la gestione dell’anagrafe degli italiani residenti all’estero e la collaborazione con la rete diplomatico-consolare; consentitemi dunque di lanciare anche da quest’assise un appello al massimo impegno per dare la possibilità a tutti gli italiani residenti all’estero che ne hanno diritto l’esercizio del voto all’estero, un passaggio fondamentale segnato dalle riforme costituzionali attuate a cavallo degli anni 1999 – 2000, che ha concretizzato la svolta da emigrati a cittadini e che si sostanzierà con la rappresentanza parlamentare dei cittadini italiani all’estero nelle prossime elezioni politiche.
L’Italia ha ancora bisogno dei connazionali all’estero, soprattutto nel quadro attuale che viviamo e che contrassegna l’economia, quello della globalizzazione. Quadro che evidenzia l’importanza delle comunità d’affari derivante dalla rete italiana nel mondo, parte integrante della nostra presenza complessiva, costruite sul lavoro ed eredi di una straordinaria tradizione culturale e solidaristica.
Nel mese di marzo del 2002, si è svolta la Conferenza Stato-Regioni-Province autonome-CGIE, che tra l’altro ha esaminato e discusso a fondo le condizioni per costituire lo “Sportello unico per l’internazionalizzazione”, strumento per dinamicizzare il coordinamento delle attività di diffusione, di informazione, di assistenza alle imprese e attrazione degli investimenti esteri in Italia. Accanto ai summenzionati obiettivi strategici, la Conferenza aveva indicato altre vie per “fare sistema” e incidere innovativamente sulle politiche per gli italiani nel mondo, perché la globalizzazione e i rapporti economici a livello mondiale impongono a tutti un approccio nuovo alla presenza degli italiani all’estero. Un patrimonio che a ben vedere e ancora da incentivare e valorizzare rinnovando i mezzi della comunicazione e i rapporti, in particolare sotto il profilo dell’interscambio commerciale e finanziario, ma anche della crescita socio-economica della presenza italiana, portatrice oggi ancora più di ieri di interessi concreti per gli italiani in Patria.
Fino a qualche anno fa avevamo un nucleo storico su cui riflettere e lavorare, eredità diretta delle rivendicazioni portate avanti dalle vecchie generazioni. Ora dobbiamo invece riflettere su come mettiamo d’accordo le nostre provenienze con il nuovo mondo in cui siamo immersi, come si possono mantenere i legami con l’Italia e i valori di identità nelle pluriappartenenze, come si può rappresentare verso l’esterno il business italiano.
In questo quadro, l’Italia ha sicuramente l’esigenza di avere una nuova percezione culturale di ciò che è diventato il sistema degli italiani nel mondo, quella realtà cioè che vede l’Italia disporre di un grande potenziale sia dal punto di vista quantitativo e qualitativo, fatto di iniziative, di storie di successo e tanti altri aspetti. Ed anche di come coinvolgerla al meglio per favorire e sostenere un’attenta e intelligente politica di internazionalizzazione da parte italiana.
L’Italia deve molto alla sua incredibile rete di presenza nel mondo, un patrimonio in cui s’incontrano professionalità, sapere e competenze d’avanguardia riscontrabili nelle giovani generazioni d’italiani all’estero. Una rete, quindi, che da qualche decennio è assurta a veicolo di penetrazione nei mercati e strumento di supporto al marketing. Ma si ha l’impressione che queste novità non siano state sufficientemente focalizzate nel nostro Paese e non siano state oggetto poi di ricadute adeguate. Occorre ricordarlo soprattutto in questo momento di grande difficoltà del nostro Paese. Lo straripante dibattito sul declino industriale del nostro Paese e la mancanza di fiducia nel futuro, deve spingere il sistema a cercare nuove strade, a valorizzare di più soggetti e realtà come quelle delle presenza italiana nel mondo.
Il sistema Italia deve avere però anche la capacità di richiamare e immettere nel processo il knowhow, le potenzialità e le capacità imprenditive che molti connazionali hanno sviluppato all’estero in aree di eccellenza e in ambienti produttivi di primo piano. Siamo dunque chiamati a definire un progetto sugli obiettivi dei prossimi anni e a recuperare una linea strategica condivisa, con il contributo di esperienza di tutte le forze, organizzazioni e associazioni che in tempi nemmeno lontani hanno valorizzato il patrimonio della “risorsa emigrazione” e oggi spesso ne custodiscono la memoria storica.
E si potrebbero mettere in campo molte iniziative per offrire motivi di collegamento tra i nostri concittadini, ormai radicati e integrati in altri Paesi, e l’Italia. Occorre promuovere con maggiore intensità le iniziative delle università italiane, che hanno importanti compiti da adempiere, accompagnando – per esempio – gli sforzi della piccola e media impresa nella direzione dei mercati internazionali, puntando sulle nazioni dove più numerose risiedono i nostri connazionali, coincidenti spesso con i partner di interesse strategico primario in campo economico e commerciale per l’Italia.
La cooperazione con i Paesi che hanno accolto grandi masse di italiani è stata per altro sollecitata più volte dal CGIE, che in vari documenti ha sollecitato l’intervento dello Stato e delle Regioni anche per far fronte alle nuove povertà e dell’assistenza farmaceutica ed ospedaliera ai connazionali residenti nell’America Latina.
Lo stato di povertà che colpisce molti cittadini del nostro globo ci richiama alla mente le condizioni imposte dall’economia, le questioni dello sviluppo sostenibile e del debito dei Paesi più poveri. I problemi della mondializzazione, è sulla bocca di tutti ed è diffusa la tendenza ad attribuirgli le colpe o le lodi di tutto ciò che accade. Tanto più è forte quindi il bisogno di una visione più umana dell’economia, di democratizzare la globalizzazione, costruire reti di cittadinanza attiva, creare nuovo lavoro e sperare in uno sviluppo sostenibile facendo leva su prospettive di economia civile e di democrazia associativa.
Desidero infine ringraziare i giovani presenti che sono arrivati da varie nazioni, perché oggi sono sotto i riflettori e le attenzioni sono indirizzate al loro mondo, alle loro forme di comunicazione, ai loro linguaggi e al loro modo di vivere l’italianità e l’identità, nonché al loro rapporto con le forme chiamiamole “vecchie” di aggregazione dei loro genitori. In altre parole, l’approccio culturale con la’associazionismo , che è stato per anni il luogo della socialità, delle battaglie per i diritti di cittadinanza delle prime generazioni.
Il CGIE e il Ministero degli Affari Esteri hanno realizzato una indagine conoscitiva che ha messo in primo piano un vasto progetto di ricerca e ha coinvolto numerosi esperti nello studio sui giovani della diaspora italiana. Una indagine che come abbiamo scritto nella prefazione tenta “una sintesi ed un confronto globale , tra le varie sfaccettature che formano il mosaico giovanile della diaspora italiana, con l’intento di individuare le tendenze comuni e sottolinearne l’originalità e le diversità, ancorandole ai singoli Paesi”. Confidiamo che l’indagine possa divenire un utile strumento di riflessione e proposizione per tutte le Regioni italiane.
Per concludere, cari amici, care amiche, voglio rinnovare l’auspicio di grande successo a questa Conferenza e a tutti i molisani nel mondo, che spesso sono stati esempio di fermenti positivi per l’intera collettività italiana emigrata.
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